Alla cortese attenzione di:
Studenti e Genitori
Docenti
Dsga e personale ATA

Carissimi tutti,
inizia un’altra settimana di didattica a distanza per studenti e docenti e di lavoro agile per il personale.
Sono state, sino ad ora, giornate e settimane delicate, cariche anche di fatica, anche di sofferenza.
Noi tutti abbiamo cercato, stiamo cercando di fare del nostro meglio: come non ripetere il mio “grazie” a tutti voi?!?
E’ questa la settimana di Pasqua, è anche, dunque, la settimana delle vacanze di Pasqua.
Come recita il nostro calendario scolastico: le vacanze sono previste dal 9 aprile al 14 aprile 2020.
Auguro a tutti, pur nella difficoltà della convivenza forzata a casa, di vivere momenti di serenità.
Tutti abbiamo bisogno di serenità, sperando sempre che la situazione migliori.

Nel contempo, mi permetto una riflessione che mi è nata stamattina spontanea, aiutato da Telmo Pievani, filosofo della scienza.
Sperando che, come le precedenti, non risulti un disturbo…
“’A livella” è una notissima poesia di Totò, sulla funzione livellatrice, appunto, della morte.
Non dobbiamo temere, con la drammatica emergenza in corso, di parlare della sofferenza e della morte. Soprattutto della morte, anche se la società contemporanea ha fatto di tutto per togliere questa esperienza-limite dalla prima pagina dei nostri interessi.
Parlare della morte, lo stiamo comprendendo, è parlare della vita, del valore e della dignità di ogni vita.
Non ci sono barriere, non ci sono muri, non c’è riparo che tenga.
Non c’è casa, non c’è Stato, non ci sono presìdi che tengano di fronte a questa esperienza-limite. Una esperienza che, quasi, ci viene ricordata dal nuovo nemico invisibile, quasi sentinella della possibilità, appunto, del limite estremo.
Perché questo virus è un nuovo nemico invisibile, talmente piccolo da essere come un essere (chiedo venia per il pasticcio delle parole!) di un centimetro diviso per centomila volte.
Se noi guardiamo alla sua storia nel suo scorrere, sappiamo bene quante altre epoche sono state segnate dalle pandemie.
Perché questa del coronavirus ha scardinato in pochi giorni tutte le nostre sicurezze, e tutte le nostre inter-dipendenze locali e globali?
Perché è nuova, ed essendo nuova il nostro sistema immunitario è risultato impreparato.
Quante cose stiamo imparando sul piano scientifico, per le novità che si possono apprendere al volo, ma anzitutto sul piano personale e sociale!
Spetta alla ricerca scientifica, coadiuvata dal potere politico, trovare le contromisure, cioè le regole da rispettare sino al vaccino.
Si è parlato di “immunità di gregge”, ma il leader inglese che ne ha fatto cenno, per ironia della vita, si è poi ammalato, costringendolo a cambiare strategia in pochi giorni. Appunto, l’ironia della vita, una sorta di legge del contrappasso.
Poiché noi non siamo pecore, ma persone, credo sia più giusto parlare di “immunità di comunità”, cioè quella immunità che si sviluppa da sola a seguito della malattia su una parte cospicua della popolazione.
Ma noi non siamo pecore anche per altre ragioni.
Le persone, cioè, sono più degli animali.
Perché, a differenza degli animali, abbiamo la consapevolezza della cura da trovare, con le ricerche, le medicine, gli ospedali, gli specialisti. Ma anche perché le persone tutte hanno il dono, se lo vogliono riconoscere, della pietà, della compassione, della vicinanza, della preghiera, del mutuo aiuto. Senza dimenticare il giuramento di Ippocrate.
La coscienza assieme alla scienza e alla tecnica, dunque, al servizio delle persone.
Il coronavirus si è rivelato un nemico non solo invisibile, ma anche subdolo.
Perché ci ha detto a chiare lettere che tutti siamo potenziali pericoli, anche gli asintomatici, gli uni verso gli altri.
Potenziali pericoli sociali: il coronavirus ci ha, quasi quasi, detto che la società non è un valore, che le relazioni sono un male potenziale, che dobbiamo tutti isolarci e vivere individualisticamente, se vogliamo salvarci.
Ah, quante cose può insegnarci la vita!
Siamo senza difese, dunque, si fronte al coronavirus, se non chiuderci in noi stessi e staccarci gli uni dagli altri?
Ma noi abbiamo un vantaggio sui virus.
Abbiamo un cervello che pensa, abbiamo un pensiero, abbiamo la ricerca, abbiamo una coscienza, abbiamo e ci diamo delle regole civiche e sociali, con le quali possiamo proteggerci.
In poche parole, nessuno si salva da solo.
E le persone non sono numeri, non sono statistiche.
Ed è attraverso la ricerca ed il pensiero che pensa che possiamo chiederci: e dopo?
Ritorneremo a com’era prima, come se nulla fosse avvenuto?
Tutto ritornerà come prima, ma il prima non sarà e non potrà essere lo stesso del dopo: è il paradosso della vita che scorre, del pensiero di ciascuno che impara dalle vicende della vita, dall’esperienza che si fa sapere e sapore.
Resta la domanda di senso.
Perché tutto questo? Solo un dato statistico, uno dei tanti, della storia umana?
Impareremo che la vita ha un valore che non si misura secondo parametri economistici, utilitaristici, efficientistici, legati solo all’apparire e alle varie forme di volontà di potenza?
Domande alle quali poi spetta a ciascuno una propria risposta.
La natura, come diceva Epicuro, è sorda alle nostre sofferenze, alle nostre invocazioni.
Ma noi abbiamo il pensiero che pensa, cioè la cultura che si fa vita.
Chiusi in casa per tanto tempo, ci stiamo rendendo conto che le cose essenziali, poi, non sono molte.
Nè vale l’illusione che lo spazio-tempo virtuale, offerto dalla Rete, possa supplire alle relazioni, all’abbraccio diretto, allo sguardo negli occhi.
Dopo la fatica del veloce adattamento al nuovo modo di far scuola, chiamato “didattica a distanza”, possiamo gustarci ora qualche giorno di vacanza.
Perché siamo a Pasqua, perché è Pasqua.
E Pasqua, la festa per eccellenza dei cristiani, ci dice che la resurrezione è salvezza, che è di nuovo festa, è di nuovo vita.
Auguri a tutti Buona Pasqua.

Il Dirigente Scolastico
Giovanni Zen